La scuola cambia o cambiano solo le riforme?

Un acuto intervento proposto da un membro della commissione diocesana per i problemi sociali ed il lavoro in preparazione al convegno annuale sul tema del lavoro dal titolo “Industria 4.0: innovazione e inclusione sociale nel mercato del lavoro” che si svolgerà venerdì 17 marzo alle ore 17.00 presso la sede dell’Azienda Umbra Cuscinetti S.p.A.

Ho sempre questa strana sensazione: passano gli anni e la scuola, più che cambiare, tende ad adeguarsi, con immensa fatica, alle geniali riforme dei ministri che, ahimè, quelle sì, si susseguono inesorabili come le stagioni dell’anno. Tant’è che ogni primavera ci sorprende eppure scoppia sempre dopo l’inverno. Veniamo al punto, questo è il secondo anno della “Buona Scuola” (legge 107) e tante le novità ma le cattedre e i banchi sono quasi gli stessi dagli anni Settanta, restano molti docenti e altrettanti dirigenti, i collaboratori scolastici e tutto il personale ATA non vengono sostituiti-per legge- nemmeno se malati. Se non ci credete andate e leggete. Ma, meno male che esistono i ma, il nuovo che avanza c’è e devo smetterla di usare il mio solito sarcasmo; si chiama ASL (ma non riguarda la sanità) Alternanza Scuola Lavoro. Tutti gli studenti delle scuole secondarie di secondo grado, per intenderci le Superiori, nel triennio finale che, badate bene, si chiama in gergo tecnico-scolastico secondo biennio e  monoennio finale (che meraviglia le parole!) devono svolgere un’attività di alternanza pari a 400 ore per gli istituti tecnici e professionali, 200 ore per i licei. Perché? Semplice, per creare un ponte tra la scuola e il mondo del lavoro al fine di agevolare i giovani nella ricerca di una occupazione. Optime! direbbe un latinista ma purtroppo i numeri relativi alla disoccupazione giovanile sembrano in controtendenza con l’auspicio dei solerti legislatori. Tutti ad anticipare un Tempo che continua a sfuggirci: in terza media i poveri studenti subiscono come inermi deportati l’orientamento delle scuole superiori tirate a lustro per l’occasione; negli ultimi tre anni di secondaria di secondo grado i ragazzi vanno nelle aziende per capire e sperimentare il lavoro poi arrivano alla maturità e si ritrovano sull’orlo di un precipizio: lavoro o università? Tutto senza fermarsi mai, in un continuo fluire verso una meta che non c’è, anzi anticipandola. Test di selezione per il numero chiuso all’università, curricula fantasmagorici da inviare a chiunque possa darci un lavoro, crisi esistenziali, genitori in panne che corrono più dei figli per accaparrarsi una sistemazione per i pargoli, orientamento in uscita, orientamento in entrata senza sapere dove sorge il sole né dove tramonta. Fermiamoci!!! Cosa stiamo rincorrendo? Non possiamo continuare ad inseguire qualcosa che forse non c’è o non c’è per tutti; proviamo a rallentare, proviamo ad annoiarci, proviamo a far respirare i nostri figli con i loro polmoni, tentiamo la via dell’umano, del rispetto, del sapere, della curiosità, del dubbio. Non serve troppa filosofia ma il pensiero, un’idea che possa accompagnarci, una passione, un’attenzione per questo mondo che ci ha accolti sin dal primo pianto; possibile che tutto si consumi? La scuola è un posto magico…l’odore delle aule, l’austerità di certi edifici, le bandiere che sventolano una cittadinanza europea e italiana, le voci di tutti e di ciascuno; anche questo è sapere. Perdiamo tempo con Manzoni, perdiamo tempo con le formule, perdiamo tempo con quel teorema assurdo, con quell’inglese sofferto; solo così potremo crescere la donna e l’uomo che saremo, e non c’è bisogno di un’ora di educazione stradale per sapere che con il rosso non si passa; basta conoscere la grammatica per riconoscere le regole e rispettarle perché non è vero che l’importante è capirsi, l’importante è costruire relazioni umane. Gli economisti sostengono che la vera povertà del mondo occidentale non è quella economica ma è quella relazionale;  rilevano altresì, con reale preoccupazione, che stiamo assistendo oggi ad un crollo della qualità delle relazioni umane, anche affettive, perché la gente non investe più il tempo necessario per le relazioni, a causa di tante cose da fare a scapito delle relazioni stesse che sono beni molto fragili. La scuola è il luogo e il tempo in cui il sapere riesce a fondersi con l’essere in modo meraviglioso e semplice; solo così il ragazzo può diventare PERSONA.


Daniela Masciotti

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